PESCARA – A inizio marzo di ogni anno la Regione Abruzzo emana la cosiddetta “Ordinanza balneare” che disciplina l’esercizio delle attività sulle spiagge del litorale abruzzese. Da alcuni anni – anche grazie alle richieste del WWF Abruzzo – all’art. 7 dell’Ordinanza sono previste alcune disposizioni per la tutela del Fratino: in particolare si prevede che nelle “operazioni di livellamento, pulizia, riduzione volumetrica della ghiaia ed allestimento delle aree in concessione e delle spiagge libere comunali devono essere salvaguardate le zone segnalate per consentire la schiusa delle uova dell’uccello della specie Charadrius Alexandrinus comunemente conosciuto come Fratino”. Nell’Ordinanza 2023 si prevedeva che tutte le operazioni di livellamento potessero essere precedute da specifiche operazioni di rilevazioni e censimento specificate da un “Protocollo di sostenibilità ambientale della costa abruzzese” che la Regione avrebbe adottato entro il 31 marzo.

Peccato che la Regione Abruzzo non abbia mai emanato tale Protocollo avendo prima rinviato la sua adozione al 30 aprile e poi al 31 maggio. Siamo oggi al 27 maggio e del Protocollo non vi è traccia, ma nel frattempo i comuni nelle spiagge libere e i balneatori nelle spiagge in concessione hanno avviato da tempo le operazioni di pulizia e livellamento. Il Protocollo, se mai la Regione riuscirà a partorirlo, arriverà fuori tempo massimo quando ormai i danni saranno già stati fatti.

Un modo di procedere da parte della Regione che sarebbe ridicolo se non stessimo parlando di un comportamento che sta contribuendo a determinare la progressiva scomparsa di una specie importante come il Fratino dall’Abruzzo. Come dimostrano i dati pubblicati ogni anno dal Progetto Salvafratino Abruzzo, promosso dall’Area Marina Protetta Torre del Cerrano e dal WWF Abruzzo, il Fratino è in forte diminuzione su tutto il litorale abruzzese. Diminuiscono i nidi, ma soprattutto diminuiscono gli involi dei piccoli che difficilmente riescono a superare la fase che segue alla schiusa delle uova: e una delle cause principali di questa diminuzione è da ricercare nella distruzione dei nidi e nel disturbo determinati dalle operazioni di pulizia delle spiagge con mezzi meccanici.

Considerato che è stata la stessa Regione a prevedere l’emanazione di un Protocollo (in realtà avrebbe potuto dare indicazioni chiare nella stessa Ordinanza) resta inspiegabile il ritardo accumulato, soprattutto se paragonato nella solerzia con cui la Regione ha messo a disposizione 40.000 euro per finanziare uno studio su cervi e caprioli al solo fine di consentire l’apertura della caccia a questi due splendi animali.

Ma si sa: in Regione Abruzzo per accontentare i cacciatori tempo e soldi si trovano sempre, per la tutela della fauna si procede per rinvii…