PESCARA – L’identità e le prospettive dell’Appennino nel trentesimo appuntamento di “Un libro, il dialogo, la politica”, la rubrica in diretta Facebook di Michele Fina che ha dialogato con Piero Lacorazza (Fondazione Appennino) e Giuseppe Lupo, autore assieme a Raffaele Nigro del libro “Civiltà Appennino. L’Italia in verticale tra identità e rappresentazioni” (Donzelli). L’incontro si è aperto con un confronto sull’aggravamento della pandemia, che ha portato a nuove misure di contrasto da parte del governo. Fina ha sottolineato l’importanza che il Paese trovi un regime comune e una distribuzione uniforme della programmazione degli interventi, ma anche i passi avanti fatti rispetto alla situazione della scorsa primavera, come nel settore sanitario.

Si tratta di un lavoro in cui, ha riassunto Fina, “l’Appennino viene narrato, e attraverso i narratori si risale a un’identità comune, un unicum antropologico, letterario, urbanistico, faunistico: l’Appennino rappresenta lo spartiacque e tra Oriente e Occidente, il legame tra l’Europa e il Mediterraneo”.
Il lavoro degli autori ha dato il via, su questi principi, alla Fondazione Appennino. Lupo ha spiegato l’idea di partenza del libro e del progetto della Fondazione: “Sia io che Nigro siamo stati allievi di Raffaele Crovi, uno scrittore reggiano che ci ha sempre detto che i fenomeni che riguardano l’appennino nelle diverse regioni risultano più comprensibili se sono visti e spiegati rispetto alla verticalità. La narrazione scolastica che divide l’Italia in Nord, Centro e Sud è insufficiente perché non ne coglie la complessità, la nostra è una nazione verticale da suddividere a sua volta in tre verticalità diverse: Ponente, Levante e la spina dorsale centrale. I problemi che riguardano chi vive l’appennino reggiano non sono così diversi o lontani da quelli dell’abitante dell’appennino abruzzese o calabrese”. Dal punto di vista letterario, Lupo individua un tratto comune che contraddistingue gli scrittori dell’appennino, lo sradicamento che convive con la tensione di cercare e fondare una nuova casa.
Fina nel corso del dialogo ha richiamato l’ampio dibattito che si è sviluppato in questi mesi sulle opportunità per le aree interne che deriverebbero dalla necessità di fronteggiare il contagio. Lacorazza ha messo in guardia: “Dobbiamo fuggire da alcuni luoghi comuni che stanno rimbalzando, in primo luogo l’idea di riabitare le aree interne non deve essere affidata a un certo romanticismo, e poi non credo che sia ragionevole pensare di rinunciare generalmente alla vita nelle città per trasferirsi in montagna. C’è bisogno che in questi luoghi si possa vivere, attraverso i servizi e le infrastrutture necessari, c’è bisogno di non essere costretti, per poterne fruire, di vivere in città”. Lacorazza ha sottolineato alcune esigenze per il rilancio: “Un’architettura amministrativa e istituzionale che consenta di evitare sbornie da centralismo che hanno impoverito la tenuta dei borghi”, un rilancio che passi dalla sostenibilità, visto che se per il Covid arriverà un vaccino, altrettanto non accadrà per la crisi ambientale.