“Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell’economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi”. Così scriveva Italo Calvino. Invece dopo il silenzio sulla tradizione della Madonna del Carmine, Teramo vive senza ricordo anche la ricorrenza di Sant’Anna, a cui è dedicata la chiesa di Sant’Anna dei Pompetti  (o dè Pompetti) che si trova nel centro storico ed archeologico di piazza Sant’Anna. L’edificio religioso, addossato al bastione della  Torre bruciata, è molto vicino alla chiesa di Santa Caterina. La chiesa (conosciuta un tempo come San Getulio) è ciò che rimane della prima cattedrale di Teramo. Entrambe le chiese in origine facevano parte del complesso dell’Antica cattedrale di Santa Maria Aprutiensis primo centro liturgico e spirituale della città  che è stata svelata dagli scavi e dagli studi che Francesco Savini condusse nell’area archeologica dall’anno 1896 . Dal 1902 è stata inclusa nell’elenco dei monumenti nazionali italiani. Le fonti non indicano la data esatta della costruzione dello stabile sacro, la storia dell’antico edificio, riferisce Francesco Aceto, probabilmente coincide o si confonde con «l’istituzione della dignità vescovile aprutina». Della chiesa, in seguito all’incendio, rimase in piedi solo una piccola parte, che venne sistemata nel miglior modo possibile in attesa che fossero conclusi i lavori della costruzione della nuova cattedrale (attuale Duomo). All’interno di questa chiesetta “di emergenza” probabilmente furono conservate le spoglie del vescovo S. Berardo, protettore della città, che erano rimaste miracolosamente illese nell’incendio. In realtà, una recente ipotesi propone di individuare nella Torre Bruciata il luogo di riparo del corpo del santo. Tale torre è addossata al lato meridionale della chiesa, realizzata con blocchi di travertino, alta m 10 e con dimensioni di base di m 8,50×8; essa reca le tracce dell’incendio del 1156.
Anna, nata a Betlemme, la città di Davide, fu la donna destinata, dice S. Giovanni, ad essere madre di “Colei che doveva partorire il Salvatore”. Assidua nell’orazione, fu alla fine data in sposa a Gioachino di Nazareth della famiglia regale di Davide. Per questa felice parentela la stirpe sacerdotale si trovò unita nella stessa famiglia col sangue reale. I due sposi vissero molti anni in una celeste pace e concordia, servendo il Signore, ma il cielo non aveva benedetto lo loro unione. Onde, non sperando più discendenza, di comune accordo avevano prese le loro ormai vane ricchezze e le avevano distribuite ai poveri, ritenendo per sè il puro necessario. Secondo la tradizione, fu appunto dopo di essersi cosi spogliati dei beni terreni, che il ciclo esaudì le loro suppliche e diede loro il grande bene, superiore a tutte le umane ricchezze, il dono impareggiabile, celeste, che è Maria. Maria fu dunque il premio della povertà volontaria, della carità illuminata, dcl dolore rassegnato e soprattutto della candida offerta dei cuori, delle preghiere perseveranti. Anna fu la nutrice e l’educatrice di Maria: sulle sue ginocchia crebbe la creatura meravigliosa, la futura Regina del Cielo.

Anna fu anche la maestra, che insegnò i primi rudimenti alla Madonna. Ma questa maestra, unica al mondo, dovette ben presto avvedersi che la piccola Maria aveva un altro Maestro. Ma ciò che è ancor più mirabile in essi e che forma la loro gloria più grande è che, dopo di essersi spogliati di ogni bene terreno per darlo ai poveri, essi si siano spogliati anche di quella perla preziosa che è Maria per darla a Dio, consacrandola al tempio, come Dio aveva loro ispirato, perchè in quel sacro asilo Maria si disponesse ad essere tempio dello Spirito Santo. Sant’Anna è invocata come la protettrice delle donne gravide, che a lei si rivolgono per ottenere da Dio tre grandi favori: un parto felice, un bambino in buona salute e latte sufficiente per allattarlo. È compatrona di Napoli e protettrice di molti mestieri legati alle madri e alle donne.