L’AQUILA – “Nessun rimedio per la sanità abruzzese, di nuovo malata a causa della inefficiente governance degli ultimi cinque anni e anche povera per via del pesante disavanzo collezionato dalle quattro Asl e dei colpevoli ritardi nelle “cure”. Attese che stanno facendo lievitare il disavanzo come avevamo temuto e affermato, chiedendo da mesi al Governo regionale di occuparsene. Così dopo aver prima negato il debito, ora ci troviamo una situazione catastrofica, presente e futura: nel 2024 si passa da 185.493.026 milioni di euro a quasi 200 milioni, nonostante tagli fatti e quelli previsti che stanno già mettendo a dura prova servizi e prestazioni degli abruzzesi, queste ultime scese da 158.000 del 2018 a 137.000 nel 2023 e ancora a picco (dati dell’Agenzia Regionale Sanità). Restano comunque da coprire ben 128 milioni di euro, come conferma la Commissione di oggi, con un’ipoteca non da poco sulla Regione, che dovrà trovare le coperture a tre mesi dalla fine del 2024”, così il segretario regionale Pd Daniele Marinelli, il capogruppo Pd in Consiglio regionale Silvio Paolucci e i consiglieri Dino Pepe, Antonio Di Marco, Antonio Blasioli, Sandro Mariani e Pierpaolo Pietrucci, dopo i lavori congiunti delle Commissioni bilancio e Sanità, in cui stamane sono stati auditi anche i sindacati.
“Un pasticcio di dimensioni milionarie, il quadro non cambia affatto: restano confermati tutti i nostri allarmi sul presente e sul futuro della sanità – rimarcano gli esponenti Pd – . Dai sindacati la bocciatura è arrivata forte e chiara, inevitabile, come la preoccupazione per la tenuta del comparto. Esaminando nel dettaglio i piani di razionalizzazione delle quattro Asl si capisce subito il perché. Non c’è un criterio di azione omogeneo, ogni Asl pensa per sé, come se fosse l’unica, una contro l’altra armata e come se non esistessero altre emergenze e il bilancio della Regione, ente di riferimento ma con cui addirittura vanno in conflitto palese. La Asl de L’Aquila e di Chieti contestano la modalità di trasferimento del fondo sanitario e sostengono di essere state sottofinanziate, accusando la programmazione regionale di prevedere una sanità sperequata, con differenze economiche fra una Asl e l’altra, che minano il principio dei servizi di prossimità, impossibili con meno fondi. Tre Asl su quattro mettono poi nero su bianco l’inattuabilità della rete ospedaliera approvata dal Consiglio Regionale, non solo perché senza coperture economiche, con la conseguenza che anche ciò che prevede sarà inattuabile, tra ospedali di primo livello, di base e di area disagiata, ma anche a causa, si legge nella relazione della Asl di Chieti, “della mancata valutazione dell’impatto economico e della compatibilità delle risorse finanziarie, umane e tecnologiche per la messa a regime della nuova rete ospedaliera e di quella territoriale”. La Asl di Pescara parla invece di comportamenti opportunistici delle altre e rileva che si deve occupare molto di più della mobilità intraregionale, soprattutto dalle Asl di Chieti e L’Aquila, rinunciando a una parte della mobilità attiva con aggravio dei costi, anche quelli del privato in ragione delle scelte della Regione. Anche la Asl di Teramo attacca la Regione, ma sul trasferimento del fondo sanitario regionale. Nei fatti le quattro Asl, tutte coi conti in rosso, se la prendono con la programmazione regionale, nonostante le leggi diano indicazioni precise sulla permanenza dei manager in caso di disavanzo. Ma la maggioranza di centrodestra che ha mal governato il comparto in questi anni invece di prendere provvedimenti che fa? Ora litiga su come autocommissariarsi: se con la struttura di missione voluta dall’esecutivo o la task force proposta dalla Lega, che, entrambi, di fatto palesano la necessità di bypassare l’attuale governance, cioè dipartimento, assessorato e Asl.
Intanto le misure indicate nei piani si ripercuotono sugli abruzzesi, con la riduzione dei medicinali coperti, i tagli delle prestazioni richieste dalle unità operative, gli accorpamenti dei reparti e persino il blocco del turn over, indicando alla Regione che l’unica strada per fare cassa è una vera e propria stretta sul personale.
È la triste fotografia di un fallimento a sei mesi dal voto delle regionali e dopo 6 anni di governo Marsilio. Non si prospettano tempi migliori, visto che questo caos regna sovrano a pochi mesi dall’approvazione del bilancio regionale e che la maggioranza è abituata a governare con leggi mancia e leggi omnibus. Non consentiremo una manovra di lacrime e sangue senza rimedi e con la prospettiva di un nuovo commissariamento. Ci sono in ballo la stabilità della Regione e, soprattutto, il diritto alla salute e di cura degli abruzzesi”.