La notizia della prossima realizzazione di due Velostazioni (parcheggi custoditi per biciclette), a Teramo – una nei pressi della stazione ferroviaria e l’altra dell’autostazione di piazzale San Francesco – nell’ambito del progetto MOVETE, non può che far contenti tutti quelli che, quotidianamente, utilizzano, o vorrebbero utilizzare, la bicicletta, per gli spostamenti urbani, magari abbinandola a bus o treno.

Un mezzo di spostamente efficace, la bicicletta, non inquinante, rispettoso dello spazio urbano, e capace di migliorare le città e le persone che ci abitano. Tutto questo, però, a patto che le città siano pianificate a misura di mobilità ciclistica, e pedonale, privilegiando i trasporti pubblici, rendendo il più vantaggioso possibile lo spostarsi senza automobile.

Non solo piste ciclabili, spesso non necessarie in ambito urbano, ma moderazione del traffico, trasporto pubblico locale efficiente, ampie aree pedonali, zone 30 e un’urbanistica che tenga conto anche della mobilità delle persone, e della tutela dello spazio pubblico, e non solo dell’edificabilità delle aree.

Tutto questo non è un’utopia, visto che molte città europee si stanno trasformando in tal senso (e non parliamo di sperdute cittadine di provincia, ma di capitali come Parigi, Lubiana, Budapest, Copenaghen) e anche in Italia qualcosa, lentamente, si sta muovendo.

E Teramo, salita alla ribalta nazionale, qualche anno fa, come città del pedone e della bicicletta, come vuole sia il suo futuro?

Basteranno due velostazioni per rendere la città a misura di mobilità sostenibile, per restituire ai cittadini spazio pubblico, ora invaso da centinaia di auto in perenne sosta, per convicere i cittadini a spostarsi sulle due ruote e con il mezzo pubblico?

Eh si, direte, ma Teramo non è Copenaghen: ci sono i quartieri collinari; le frazioni lontane; la città non è fatta per andare in giro in bici… e quindi dobbiamo tenerci il nostro modello di sviluppo, che ha svilito il centro per favorire l’espansione della città ovunque, trovando poi difficolta a servire servizi e spazi per la socialità e a gestire un modello di trasporto efficiente ed efficace.

Le nostre città, in realtà, sono nate per andare a piedi, e anche a Teramo, fino a qualche decennio fa (e non parliamo di secoli), fare due passi da Villa Mosca al centro, o andare al cimitero a piedi, era la normalità. Oggi, grazie anche a scelte urbanistiche sbagliate, per non dire scellerate, utilizzare l’auto per gli spostamenti, anche brevi, sembra essere l’unica alternativa.

Eliminati, progressivamente, anche gli spazi pedonali (l’esempio del sottopasso ferroviario di nuova realizzazione ne è l’esempio lampante… e dire che il codice della strada, per nuove infrastrutture, impone la realizzazione di una corsia ciclabile affiancata), tant’è che anche chi volesse avventurassi a piedi nelle strade in prossimità del centro non troverebbe marciapiedi, ma dovrebbe camminare in mezzo alla carreggiata (vedasi, ad esempio, via Vinciguerra), come possiamo pensare di realizzare percorsi ciclabili, sicuri e protetti?

Eppure non sarebbe utopia!!! Esiste un progetto, finanziato dalla Regione con il Masterplan (e poi, dalla stessa Regione, privato dei fondi per destinarli altrove) per la Teramo-Mare ciclabile, che potrebbe collegare Teramo centro a Piano d’Accio (Università, Stadio, Centro commerciale) e San Nicolò a Tordino, per poi ricollegarsi alla Ciclovia Adriatica. L’Amministrazione comunale ha un progetto di prolungamento dei percorsi ciclabili del parco fluviale verso Montorio. Con i fondi per le periferie il Comune ha previsto di realizzare una pista ciclabile su via Po. Chiuso in qualche cassetto c’è un Piano Urbano del Traffico con la previsione di una rete dei percorsi ciclabili cittadini…

Insomma, qualche idea, anche se a volte un po’ confusa, c’è. Di certo, sembra, c’è sola la realizzazione delle due velostazioni, cioè  la ciliegina sulla torta di una mobilità ciclistica matura e diffusa. Peccato manchi la torta. Sarebbe il caso di individuarne gli ingredienti (a proposito, a Teramo è nata, da poco, un’associazione FIAB – Federazione Italiana Amici della Bicicletta, che potrebbe dare una grossa mano), e iniziare l’impasto.

I vantaggi per mobilità, turismo, commercio, vivibilità della città, sarebbero enormi. Non perdiamo anche questa occasione.

di Raffaele Di Marcello