TERAMO – Ci piacciono i numeri. A ieri, in Italia su 60 milioni di abitanti avevamo 53.000 contagiati, che scendono a 42.000 se togliamo guariti e deceduti.

Quindi su una popolazione di 250.000 abitanti in provincia di Teramo, dovevamo attenderci un massimo di 220 contagiati e 175 positivi attuali, seguendo la media nazionale; e, sempre seguendo la stessa media il 10% in terapia intensiva, il 40% in terapia non intensiva e il 50 % in isolamento domiciliare.

Fortunatamente i dati della ASL Teramo di questa mattina sono molto diversi, vuoi perché non abbiamo focolai autoctoni, ma importati, vuoi perché siamo indietro come tempo al nord Italia: abbiamo 32 positivi ricoverati di cui 8 in terapia intensiva (4 a Teramo e 4 ad Atri) e 24 in post intensiva (8 in malattie infettive a Teramo e 16 nei reparti Covid di Atri) e 70 persone in isolamento domiciliare. Ma comunque il numero massimo atteso sarebbero quei 175.

Sono personalmente convinto, e non solo io, che il numero di contagiati sia sottostimato di molto, e questo, insieme agli errati inserimenti dei morti con Covid e non per Covid spiega l’elevata mortalità, ma comunque in Italia questi sono i numeri e su questi si ragiona e opera.

Sulla base di questi facciamo quindi alcune semplici considerazioni.
Con questi numeri parlare di strutture in difficoltà, e lo sento dire da colleghi, è offensivo per chi l’emergenza la ha davvero dentro casa e sta rischiando la vita da cittadino e da operatore.

Questo non significa che non ci si debba porre il problema e non si debba avere una progettualità in caso di incremento significativo dei numeri. Significa però ancor meno sparare proposte insensate e pensare pure a come attuarle.

Tra l’Ospedale di Atri Covid (e se abbiamo giustamente individuato una struttura Covid, si dovrebbe avere disponibile una seconda struttura da utilizzare solo dopo essere arrivati a saturazione della prima, cioè dopo aver riempito i posti letto su cui poteva contare quell’ospedale prima dell’emergenza, non con gli attuali 16 ricoverati (+ 4 intubati) nell’intero ospedale!!!!!), l’ex Sanatorio (ammesso che si riesca ad aprirlo per intero, considerato che a L’Aquila l’ex ospedale G8 è operativo da giorni ed il restauro della Cappella sistina ha richiesto in termini relativi meno impegno), il reparto di Malattie infettive a Teramo, la Rianimazione di Teramo etcccc hanno molti più letti dei 90 circa teorici (10% di intensiva e 40% di post intensiva dei 175 teorici di cui sopra).

L’unità di crisi, come eventuale successiva struttura Covid ha individuato il Presidio di Giulianova, oggetto nei giorni scorsi di sopralluoghi da parte di “esperti” ASL addetti alla crisi ; hanno pensato bene (????) che un piano del padiglione est dovesse essere vuotato per fare posto ad eventuali pazienti Covid, in un altro piano sono allocate ortopedia e chirurgia accorpate, al piano superiore la Rianimazione, che potrebbe diventare Covid, al piano ancora sopra la Cardiologia non Covid. E questo sarebbe partorito da un’unità di crisi?

Caro Direttore Generale, gli spieghi Lei che un Ospedale non è una specie di pizza dolce, da riempire a strati. Ancora, nel padiglione ovest dovrebbe invece essere aperta una specie di Osservazione Breve per pazienti sospetti (ovviamente con Pronto Soccorso, Radiologia e Laboratorio Analisi dall’altra parte della strada).

A parte la commistione di infetti e non infetti, immaginate voi la Babele che si potrebbe creare con malati e personale a girare nell’Ospedale tra reparti in parte Covid e in parte no, per di più senza i dispositivi di protezione, come è oramai ben noto a tutti. Comunque in attesa della realizzazione di questa follia, pare che in nottata alcuni pazienti sospetti Covid siano stati posti in osservazione negli ambulatori chirurgici (la fantasia non ha limiti).

Discorso a parte per i tamponi. Nella giornata di ieri sono stati eseguiti tamponi al Personale Sanitario entrato in contatto con l’Anestesista risultato positivo a Giulianova e con l’Oncologo risultato positivo a Teramo. Ovviamente, si fa per dire, hanno pensato di eseguire i tamponi ai colleghi dei due specialisti incrociando i turni di lavoro del personale (Medici, Infermieri, Tecnici) e deducendo da questi i possibili contagiati. Posto che i tamponi eseguiti così servono al massimo a seguire in contagio rilevando le positività (perché facendoli dopo 10 giorni dall’assenza per malattia dell’Anestesista i malati li sapremmo già), si perdono tutti i contagi che potremmo definire “accessori”; un medico non lavora solo in reparto, ma gira nell’ospedale per consulenze, per spostamenti tra sala operatoria e reparto, per andare a consultare altri specialisti (se lavora nella sala di ortopedia, non è che non incontra il cardiologo che lavora nella sala accanto).

Nel caso dell’oncologo risultato positivo non è difficile ipotizzare purtroppo che tra i contagiati ci siano anche pazienti. Dall’esperienza di altri si dovrebbe imparare, si dovrebbe appunto. Chi gestisce la crisi per la nostra ASL ha visto cosa è successo negli Ospedali di Alzano e di Codogno, dove l’infezione si è propagata partendo proprio dagli ospedali. Dobbiamo per forza ripetere l’errore? E i tamponi a domicilio?. Possiamo anche avere opinioni diverse su quali popolazioni di persone sottoporre a tampone, ma una cosa è sicura: è inaccettabile che un tampone disposto oggi venga eseguito entro 48 ore e che ce ne vogliano almeno altrettante per avere le risposte, se non incappiamo nel fine settimana (da quando in qua per le emergenze sanitarie esistono i fine settimana? Qualche politico di recente aveva fatto una campagna elettorale parlando di ospedali aperti di sabato e domenica, ma io avevo preferito prenderla per una battuta!)

Infine, i dispositivi di protezione. E’ semplicemente inaccettabile che il personale tutto che lavora in strutture ospedaliere possa esserne sprovvisto. E come al solito, non solo da noi, ci accorgiamo di avere i magazzini vuoti quando la roba serve. Ma l’importante è risparmiare: chi gestisce una ASL virtuosa viene economicamente premiato, se non ricordo male. E’ oramai noto a tutti perché divulgato su tutti i media che i DPI non siano stati distribuiti per nulla, o in maniera insufficiente (siamo arrivati al ridicolo; la mattina si firma per la consegna della mascherina, peraltro chirurgica e quindi non idonea – proprio ieri è stata fatta una diffida alla modifica del Decreto). Il Personale sanitario non è carne da macello ed i pazienti non devono rischiare ulteriormente. L’Azienda registra e distribuisce video su come ci si veste sterilmente, ma dimentica che non c’è il materiale per vestirsi.

In conclusione, mi sembrava giusto che la denuncia di tutto ciò partisse proprio da un Sindacato Medico che ha il compito di difendere la categoria, ma a nostro avviso anche di rendere partecipi i cittadini di errori clamorosi di valutazione che potrebbero esporli a rischi ulteriori.

Con idee tipo quelle partorite dall’Unità di crisi , in altri tempi non si sarebbe superato neppure l’esame di Igiene al Corso di Laurea.
P.S.: la ASL di Teramo ha ancora un Direttore Sanitario? In un’emergenza come questa nessuno ne ha sentito la voce.

Dott. Alessandro Core
Segretario Aziendale CIMO