Luciano Campitelli, presidente del Teramo Calcio dal 2008, se potesse abbandonarlo lo farebbe, per tantissimi motivi.

Ma non può, perché il calcio passa esclusivamente per la sua persona e per quella del socio e cugino, Ercole Cimini: passa esclusivamente per loro, per le loro aziende, per il loro onore di uomini e di imprenditori.

Il discorso è diventato atavico: non c’è nulla di nuovo!

Non è questione di risultati poco positivi, pertanto, anche se una squadra vincente lo rinvigorirebbe, pur non cancellando le difficoltà di gestione che esistono e che gravano quasi completamente sulle spalle dei due.

E non è neanche vero che non abbia voluto lasciare ad altri la guida della società nel recente passato, perché non è mai esistita la condizione.

E’ stato ribadito in diretta televisiva, a Supergol, da Ernesto Martegiani, un professionista al di sopra di ogni sospetto, che ha vissuto da intermediario la trattativa-non trattativa con Gilberto Candeloro, presidente del Francavilla che è rimasto lì, non ad Ascoli, non a Pescara, non a Teramo, né altrove…

Detto ciò, questo non significa che Luciano Campitelli voglia o debba continuare ad essere il Presidente del Teramo Calcio per altri dieci anni, ma che i risultati possano solamente variare il suo umore e non la sostanza delle cose, è un fatto.

Fino a quando non ci sarà chi si farà avanti concretamente, con una proposta chiara e pubblica, l’amato e non amato Presidente sarà “condannato” a restare al suo posto.

A meno che non decida di far fallire la società, con tutto cià che ne conseguirebbe.

Ecco perché resta in piedi la sola “questione d’onore”, che è di natura professionale ed imprenditoriale, non legata ai risultati calcistici.

Che non c’entrano assolutamente nulla.