ROCCARASO – Oltre un metro di neve con i cannoni dell’impianto di innevamento artificiale più grande d’Europa che che hanno continuato a sparare anche in questi giorni. Condizioni ideali per salvare una stagione invernale condizionata dall’emergenza sanitaria. Si doveva ripartire il 18 gennaio e sarebbe stata una grande ripartenza, ma con l’ultimo Dpcm è stato deciso che gli impianti di risalita abruzzesi, i più importanti del Centro-Sud, dovranno restare fermi ancora per un mese. Se tutto andrà bene se ne riparlerà il 15 febbraio.
Ma la parte interna dell’Abruzzo che fonda la sua economia sulla montagna è ormai in ginocchio e rischia il tracollo. L’altalena del “si apre e non si apre” ha finito per rendere la situazione ancora più drammatica con imprenditori, albergatori e dipendenti stagionali che non sanno più a che santo votarsi. A lanciare il grido d’allarme è il direttore degli impianti di risalita dell’Aremogna Roberto Del Castello: “Oggi doveva
essere la giornata della ripresa, ci abbiamo sperato fino a tre giorni fa e poi ci hanno confermato la chiusura ancora per un mese. Siamo demoralizzati perché si continua a demonizzare la montagna nonostante, con grandi sacrifici economici, abbiamo fatto tutto quello che ci era stato detto di fare adottando un protocollo di sicurezza tra i più restringenti per evitare il rialzo della curva pandemica. Evidentemente – incalza Del Castello – chi deve decidere ancora riesce a capire che non è la montagna che crea i contagi. Ogni giorno continuo a ricevere
decine di telefonate di persone disperate che ci chiedono di poter lavorare, ma se non si riaprono gli impianti e le baite possiamo fare ben poco. Dobbiamo solo sperare che la pandemia rallenti la morsa in modo che il governo possa essere un po’ più lungimirante rispetto a quello che sta avvenendo nelle regioni che vivono con l’economia espressa dalla montagna. Bisogna ricordare che ogni euro speso per l’acquisto dello ski pass – precisa il direttore degli impianti di risalita dell’Aremogna – produce altri nove euro per l’indotto. Ciò significa che con gli
impianti chiusi all’economia del territorio vengono a mancare 27/30 miliardi e con i 3 miliardi stanziati per il settore dal governo si riuscirà a fare ben poco. Siamo davanti un tracollo finanziario che provocherà tanto disastro sia nelle famiglie sia nella microimpresa. Fino ad oggi il Centro Abruzzo ha già perso il 60% di quello che era il preventivato e il crack è già stato fatto. Contiamo e speriamo che con la riapertura degli impianti di risalita prevista per il 15 di febbraio si possano limitare i danni – conclude Del Castello -. Anche perché c’è tanta voglia di sci e se le promesse saranno rispettate, l’ultimo mese e mezzo di stagione potrà garantire ossigeno vitale all’intera filiera che gravita attorno all’economia della montagna” – di Claudio Lattanzio – ANSA –