Studiando la storia dei nostri territori si scopre che la linea costiera abruzzese, nei secoli passati, lambiva le pendici collinari, con pochissime spiagge sabbiose e molte “falesie” (scarpate a picco sul mare).

Con i disboscamenti massivi messi in atto dagli antici romani aumentò l’apporto di sostanze solide nei nostri fiumi (i versanti, privi di alberi, franavano di più, e le piogge portavano via terreno e rocce), e, a poco a poco, si formarono ampie spiagge sabbiose, poi colonizzate dalla vegetazione e diventate terreni coltivabili.

A Giulianova, ad esempio, la città di Castel San Flaviano era arroccata sulla prima collina tra il Bivio Bellocchio, via Gramsci e la statale 16, e, probabilmente, il mare arrivava a lambire l’attuale Chiesa di Santa Maria del Mare, che costituiva parte del porto della città.

Nel tempo la linea di costa avanzò e i nuovi territori furono coltivati e vennero costruite case, strade, ferrovie e, negli ultimi 50/60 anni, le zone costeire sono state fortemente antropizzate, raccogliendo la maggior parte della popolazione dei nostri territori.

Con il mutare delle condizioni antropiche e la realizzazione delle dighe e delle infrastrutture portuali, oltre che con l’estrazione di inerti dai corsi d’acqua, è stato mutato sia l’apporto di sostanze solide provenienti dai fiumi e dai torrenti che la dinamica delle correnti marine, con alcuni territori che hanno visto l’ampiezza delle spiagge aumentare (vedasi Giulianova, nel tratto nord a ridosso del porto), ed altri che assistono al continuo erodersi delle spiagge.

Negli anni milioni di euro sono stati spesi per scogliere, pennelli, ripascimenti… ma, da qualche tempo, ai “danni” prodotti da processi “naturali”, amplificati dall’azione dell’uomo, si è aggiunta la previsione di un innalzamento del livello dei mari, anche di diversi centimetri, nei prossimi decenni, con conseguenti problemi per gli insediamenti costieri e per le attività, economiche e non, ad essi connessi (vedi studio ENEA), e per questo non c’è opera di difesa costiera che tenga.

Se non si prende atto, subito, che al di là di misure per tamponare l’emergenza, bisogna mettere mano alla pianificazione dei territori delle nostre coste, prevedendo la ricollocazione di infrastrutture ed edifici, realizzando ampie zone cuscinetto restituite a dune e vegetazione, rivedendo le azioni di manutenzione di fiumi e corsi d’acqua, continueremo a piangere, per gli anni a venire, sui danni e sulle perdite economiche, e purtroppo anche di vite umane, dovute all’avanzare delle acque.

La scienza ha detto la sua, ormai da tempo… i fatti gli stanno dando ragione. La politica, però, spesso fa finta di non capire.

E così si continua a costruire a ridosso di una linea di costa che, ogni anno, arretra, ed è destinata ad arretrare sempre di più.

Qualcuno avrà il coraggio di prendere atto della realtà ed invertire la rotta? Speriamo di si, altrimenti sarà il mare a riprendersi il suo… senza chiedere il permesso a nessuno.

di Raffaele Di Marcello