PESCARA – I recenti avvenimenti di intolleranza e violenza a sfondo razziale, sociale e sessuale, ci richiamano a una riflessione profonda al di là delle sempre opportune e doverose parole di vicinanza e attestati di solidarietà, in questo ultimo episodio nei confronti della giocatrice della nazionale italiana di basket paralimpico, Beatrice Ion, che è stata vittima di una doppia discriminazione, razziale perché di origine straniere e sociale perché disabile, ma come non ricordare le aggressioni fisiche e verbali, queste soprattutto sui social, subite dalla capitana della quadra nazionale di calcio femminile, Sara Gama e dalla discobola della nazionale italiana di atletica leggera Daisy Osakue.

Le parole offensive pronunciate “straniera di m. … torna nel tuo paese”, “quella non è italiana, non ne possiede le caratteristiche e i cromosomi” sono rivolte a donne, atlete, disabili, perché il razzismo non risparmia neanche il mondo sportivo, femminile e della disabilità, anzi se c’è razzismo verso gli atleti questa è la cartina di tornasole della nostra società.

Nella quotidianità, ogni giorno queste frasi sono a volte solo pensate e spesso sono palesemente rivolte a tantissime persone che vivono, abitano i nostri paesi e le nostre città.

Allora il razzismo, l’intolleranza e la discriminazione continuano a essere un problema trasversale della nostra società che colpisce laddove la diversità di genere, di etnia, la diversità sociale e di religione, di sessualità, non è riconosciuta come un diritto e come una libertà di ognuno da tutelare in quanto tale, ma è considerata come uno status di inferiorità che autorizza l’esclusione e la dominazione sociale.

E’ quindi una questione culturale e in Italia, dove la Costituzione ci insegna l’uguaglianza tra le persone e ci ricorda che è compito dello Stato rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza, non è più accettabile che si tollerino o non si contrastino tali comportamenti con scelte precise e nette che agiscano a tutto tondo in vari settori, partendo dall’insegnamento nelle scuole della cultura del rispetto e del diritto alle differenze, anche attraverso la predisposizione di percorsi di attività sociale obbligatoria presso associazioni o enti che svolgono funzioni nel campo della lotta a ogni forma di discriminazione.

 

Oggi ci uniamo al suo grido di allarme, perché nel luogo in cui vive non riesce a sentirsi più tranquilla, perché è minacciata e vessata, lei insieme alla sua famiglia.

Vogliamo darle il nostro appoggio, e anche la nostra ospitalità, perché possa sentirsi al sicuro e libera.

Per continuare a poter fare quello che ama, in serenità.

 

 

Donne Democratiche Abruzzo