Marina Terragni, in un suo editoriale su QN mi offre lo spunto per riflettere su un argomento non più procrastinabile. La presenza (ma sarebbe più indicato l’assenza) delle donne nella scena politica italiana. In questi giorni di crisi è più che mai evidente che il terreno di gioco in Italia rimane di esclusiva competenza maschile. Nel panorama politico italiano l’eccezione è rappresentata da Giorgia Meloni, unica leader di partito presente in Parlamento, un caso “da studiare” secondo la Terragni. Perché siamo ancora a questo punto? In Inghilterra hanno addirittura proposto un Governo di unità nazionale composto da 10 (diconsi dieci) donne guidate dalla verde Carolin Lucas per provare a trovare una soluzione alla Brexit. E in Italia? Non gli passa neanche “pe la capa” a nessuno, nemmeno alle donne stesse, di proporre qualcosa del genere. Colpa delle donne? Anche ma non solo. Le donne attualmente in Parlamento e in politica in generale, sono poche, poco carismatiche, asservite alle logiche di partito, se non proprio assenti, con incarichi “a latere” e in alcuni casi addirittura dannose. Sulla carta non ci sarebbero discriminanti alcune ma in pratica la rappresentanza è deludente. Eppure, sostiene la Terragni,” l’Italia è un Paese si machista, ma anche mariano e matrilineare. Salvini non agita il Rosario per caso, facendo gli auguri di buon compleanno alla Madonna: ha bisogno anche della sua approvazione “. Invece le politiche italiane “si scansano da sole, ordinatamente allineate dietro i vessilli dei capobastone…non parlano tra loro e non fanno fronte comune” se non per criticare l’acconciatura della Santanchè o le abbronzature delle colleghe. Eppure di casi virtuosi, sempre secondo la Terragni ce ne sarebbero, come la sindaca di Ancona, Valeria Mancinelli, 64 anni, premiata come “Miglior Sindaco 2018” dal World Mayor Price. Perché fa quadrare i conti del suo Comune con la diligenza di una buona madre di famiglia. Eppure non è famosa come le sue colleghe glitterate e trendy della scena nazionale. In genere poi, quando si decide di investire su una donna è perché gli uomini non se la sentono di rischiare il crollo, quindi come agnello sacrificale possono anche andare bene. Sarebbe ora invece, e i tempi sono maturi, per una presa di coscienza autonoma delle donne stesse, per abbandonare sudditanze psicologiche, politiche, culturali anacronistiche e non più giustificabili. Fare politica in quanto donne e non per emulare (in peggio), non per assistere, non come comprimari, complici o vestali. Ma consapevoli della propria condizione e del proprio valore fondante della società. Le donne non hanno più scuse oggi per non assumersi la responsabilità della qualità della vita della società e lavorare per migliorarla, a cominciare dalle politiche sociali, che non sono ancora riuscite a rimuovere gli ostacoli che ne tengono in ostaggio la forza, le potenzialità, le competenze, il valore. Ma per far questo occorre che le donne rinuncino alla istintiva rivalità che le contrappone e ne logora gli sforzi, pure intensi. Questo principio si riassume nella frase di Madeleine Albright, Segretario di Stato, americana, presidenza Clinton: “C’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano le donne”.
M.C.