Il dramma della sintesi nel barocco burocratico.

Imprese e lavoro come “motore dell’economia”. Infrastrutture e ambiente come “volano del rilancio”. Turismo arte e cultura come “brand del Paese”. Una Pubblica amministrazione “alleata dei cittadini e imprese”. Istruzione, ricerca e competenze “fattori chiave per lo sviluppo”. Individui e famiglie “in una società più inclusiva e equa”.

Questi i magici ingredienti buttati dalla commissione Colao nel calderone in cui bolle la mitica pozione salvaItalia. Bellissime parole, dovrebbero essere scritte (se non lo fossero già) nella carta costituzionale

Tuttavia il Piano Colao, elaborato (in teleconferenza) insieme al solito gruppo di esperti, non ha suscitato l’entusiasmo e lo stupore che il Governo si aspettava. Dalla faccia di Giuseppe, pur inespressiva,  si è percepito un leggero retrogusto di delusione e così con un repentino “colpo di reni” ha convocato gli Stati Generali, con la scusa del coinvolgimento ecumenico e con la  speranza di trovare qualche soluzione più pratica.   

Come per l’atteso vaccino,  non è dato conoscere i dettagli tecnici che dovranno tradurre questa “lista dei desideri” in realtà. Se per un singolo atto legislativo occorrono decine (a volte centinaia) di decreti attuativi (ovvero i protocolli di esecuzione), per un programma multi-organico come questo non oso pensare quanti ne potrebbero servire.

Ogni volta che la Politica parla di “nuovi inizi, ripartenze, nuovi programmi ecc.” puntualmente si ripropone (come la peperonata alle 3 di notte) la questione “burocrazia infame”. La cosa sconcertante non è l’ambizione del progetto in sé, qualunque esso sia,  quanto l’apparente ignoranza –dei decisori pubblici -sulla vastità della giungla burocratica da disboscare. Decenni di avvitamenti tecnici che rimandano a rimandi, di rimandi, di rimandi (avete mai provato a leggere un testo di legge o di ordinanza qualsiasi?), con riferimenti normativi senza soluzione di continuità, hanno creato un sottobosco talmente aggrovigliato e inestricabile da rendere praticamente impossibile l’attuazione di  qualsiasi cosa e non solo in Parlamento. 

È il solito dramma della sintesi nel barocco dei tecnicismi.

Pensando più praticamente a ciò che abbiamo di più prossimo, il Comune ad esempio, dove ogni atto normativo, ordinanza, bando, concorso,  dal “concepimento” alla “nascita” ha una gestazione da elefante, continue interruzioni, ricorsi, tempi tecnici ecc, ogni pubblico amministratore sa benissimo che tra il promettere e il mantenere c’è una selva fitta e oscura di norme, disposizioni e obblighi che inevitabilmente ne farà fallire gli intenti, a meno che quegli ostacoli non vengano rimossi. Cosa impossibile senza una comune volontà politica, a tutti i livelli.

Ciò ha portato la gente comune a riconsiderare il significato che la Politica da al termine temporale:

“stanziati subito” = abbiamo fissato una cifra

“immediatamente disponibili” = stiamo ancora cercando le risorse

“sblocco dei pagamenti” = in attesa  che la banca  conceda il mutuo

E così via.     

Come si può credere alle parole della  Politica se  la Politica  non crede più a se stessa? 

Avete presente  il Presidente del Consiglio (che ne conosce i motivi burocratici) che chiede alle banche un “atto d’amore” per erogare risorse, di cui lo Stato è garante,  e si vede rispondere “picche”? 

 

di Mira Carpineta