Il Natale riesce ancora a mobilitare un senso religioso fondamentale, coinvolgendo un’ampia maggioranza di persone in tutto il mondo, al di là della fede specifica, dell’essere o meno praticanti.  CocaCola & Gingolbells, iphone&felicità, il gioiello per far vedere, la giacca nuova che so fregno. Ma comunque la tradizione  del Natale resiste e costituisce un motivo identitario. Affari, sconti, luci e lucine, ma il Natale si fa sentire ancora nell’animo di tanti come spinta emotiva, e diventa innanzitutto atmosfera. La scelta etica si concretizza nel regalare prodotti del Made in Italy. Nel suo ultimo libro Papa Francesco ci invita a non lasciarci inquinare il Natale dal consumismo e dall’indifferenza. I suoi simboli ci riportano alla certezza che ci riempie il cuore di pace, alla gioia per l’Incarnazione, a Dio che diventa familiare: abita con noi, ritma di speranza i nostri giorni. Il presepe insegna come Dio viene a stare con noi e chiede di prendersi cura dei fratelli e delle sorelle, specialmente dei più poveri, deboli e fragili, che la pandemia rischia di emarginare ancora di più.

Sempre di più il Natale fa da catalizzatore alle spinte di altruismo e generosità. Festeggiarlo ci aiuta che a ricomporre il processo di frammentazione in atto nella società. Il duplice movimento che questo titolo ci suggerisce – verso l’Alto, verso l’altro – è, in fin dei conti, la cifra nemmeno tanto segreta del cristianesimo. Ed è il motivo che lo ha reso capace di risultare attrattivo nello svolgersi dei primi secoli della sua era: annunciare un Dio che non se ne sta chiuso nel suo empireo lontano, indifferente al destino degli uomini e delle donne, ha reso i cristiani capaci di interpellare l’inquietudine dei propri contemporanei, con una prassi di carità fattiva e creativa  che ha dato sostanza e concretezza ad un annuncio

Ieri pomeriggio papa Francesco – da gesuita che ha a cuore sempre l’educazione della persona come introduzione alla realtà – per annunciare il Natale ha tratteggiato l’annuncio di un Dio che si fa prossimo, amico, fratello, padre ricordamdo che il Risorto ha donato ai suoi discepoli la pace, dall’altro li ha invitati a toccare le sue piaghe, realtà fisica che perdura nel tempo in tutti i piagati dalla vita e dalla storia: “La logica dell’amore, che culmina nella Croce di Cristo, è il distintivo del cristiano e ci induce ad andare incontro a tutti con cuore di fratelli” .

Anche a Natale un grande Papa Francesco ricorda ai credenti che il cristiano non può mai tirarsi da una parte, deve sempre lasciarsi coinvolgere dalla storia perché Dio, prima nelle vicende del popolo di Israele, poi, compiutamente in Cristo, per primo si è coinvolto nella nostra storia.

Cristo è venuto per portare la religione fuori dal tempio e in mezzo ai campi e ai pascoli, lungo le strade e sulle rive dei fiumi, nelle case dei peccatori, nelle città come nella natura selvaggia. In Francesco sentiamo degli echi francescani quasi palpabili: l’anelito verso la cura del Creato e la vocazione alla fratellanza. E soprattutto un cristianesimo fuori dal tempio per tutti, per i peccatori e i lontani anzitutto, con quel “fuoco” di cui parla Blaise Pascal nella notte della sua conversione , Che può essere la nostra stessa esperienza se ci lasciamo avvincere dal Vangelo, che resta sempre “inaudito” (Dominique Collin) anche dopo 2.000 anni di storia. Così da diventare noi stessi donatori di misericordia verso ogni persona.