Me ne sto accanto al camino e la mano si “diletta” nel roteare il calice con un fondo di vino davvero fragrante, di un retrogusto che fa pensare alla legna che si sta trasformando in brace, mentre in quello stesso momento i tronchetti scoppiettano e sprigionano lingue di fuoco che sembrano giocare con la cappa che generosamente attrae a sé quel poco di fumo che si espande ed un piacevole odore si diffonde tutt’intorno….
Intanto la mente spazia… e si sofferma a considerare quanto poco la scuola si occupi della sfera delle emozioni dei loro alunni.
Non perché la cosa non interessi i docenti, che per la verità sono sensibili a questi temi….ma, purtroppo, come si suole ripetere, “il programma da svolgere, le ordinanze che arrivano, le circolari che fanno irruzione …..”
A pensarci solo un po’, ci si rende conto che sembra tutto fatto apposta per far piovere sulle menti degli alunni, qualcosa che prescinde da ciò che è per loro motivante.
Poi, basta poco per accorgersi che , a qualsiasi età, gli alunni intraprendono ed assumono iniziative se viene lasciato loro, modo per esprimersi e per far emergere all’esterno ciò che altrimenti rimarrebbe inespresso e, pertanto, non condiviso con la classe e con i docenti.
Mi trovo ad accompagnare in questo periodo una quarta elementare : mi è apparsa all’inizio poco in sintonia con le proposte che andavo offrendo a questi ragazzi.
Alcuni di loro confondono ancora le aule con le piste per skateboard, tanto scivolano e frenano con tutti il corpo sul pavimento!
Poi, ecco che quasi per caso, i miei occhi si poggiano su qualcosa che non è esattamente materiale didattico: un album dei calciatori ed alcuni alunni che in qualsiasi momento, di soppiatto, stanno a mercanteggiare le figurine fra loro…per carità, anche mezzo secolo fa queste cose si facevano, che diamine!
Però, poi, mi chiedo: ma possibile che tutto debba ripetersi così, come se un copione già visto e sperimentato, debba riproporsi e non essere suscettibile di alcun cambiamento?
Esce da un mio classificatore di parole chiave, provvidenziale: creatività.
Esordisco, dicendo: “Adesso faremo un gioco alla scoperta dei sinonimi, quindi parole affini, somiglianti rispetto a quella del creare!”
I ragazzi mostrano di gradire questa forma di quiz esteso a tutti ed ecco che piovono le altre parole: “immaginare” o “inventare” o “progettare” o “costruire”, ecc.
Non aspettavo altro: soggiungo: “Bene! Ma vi piacerebbe a voi, essere inventori, oppure creatori di qualcosa?”
I ragazzi vanno in escandescenza e urlano: “Siii, certo che ci piacerebbe!”
Allora riprendo la questione dell’album con le figurine dei calciatori ed aggiungo: “E se foste voi ad essere artefici di album e di figurine, senza per forza andare a rimorchio di quello che acquistate nelle edicole?”
Detto fatto: Ci lasciamo con questo patto e la volta successiva che sarò con loro, la classe si trasformerà in un laboratorio dividendosi in sezioni, corrispondenti agli ambiti su cui si misureranno. Prima di lasciarci, vengono indicati quattro temi: Unicorno, cagnolini, mondo e…kebab, sì proprio, quella specie di cilindro di carne che gira su sé stesso e pare riscuotere enorme gradimento nei cittadini di cultura islamica.
All’appuntamento successivo, quegli alunni che inizialmente mi erano sembrati pestiferi (al punto da non permettermi di indagare su quali fossero, tra gli altri, quelli che “possedevano della stoffa”, nel senso di essere i più quotati), come per incanto mi apparvero trasformati: anche loro erano riusciti a comprendere lo spirito del “gioco”.
Presento loro delle raffigurazioni di unicorno, mondo, cagnolini e kebab e le loro volontà di essere “laboratoriali” si accende in modo incredibile.
In sole due ore, ventuno bambini divisi in quattro gruppi, sono stati capaci di: suddividere le pagine in riquadri che avrebbero accolto le figurine, disegnare queste figurine sviluppando tante piccole immagini, poi colorarle, quindi ritagliarle ed infine incollarle.
Sono rimasto assolutamente strabiliato nel rilevare questa inventività senza freni: ma quello che dico è solo una pallida rappresentazione di ciò che ho provato….solo per fare un esempio, il gruppo degli unicorni, in così breve tempo, è riuscito a produrre qualcosa come 58 figurine con indicazione del tipo di unicorno (musicista o nuotatore, per fare un esempio) e una colorazione sempre molto studiata.
L’attività ha permesso di rilevare la disponibilità che i bambini hanno nell’operare in gruppo, aiutandosi l’un l’altro e quindi dimostrando un buon livello di socialità.
Non solo: ma in questo lavoro per gruppi, i bambini erano meglio monitorati e quindi individuati nei loro talenti e nelle capacità attitudinali specifiche.
Quando la loro esuberanza oltrepassava i limiti ragionevoli, i bambini venivano invitati a fare lunghi e profondi respiri, chiudere gli occhi per qualche istante e poi riprendere l’applicazione: scopo di questi intervalli di raccoglimento interiore era proprio quello di riorganizzare le proprie idee e poi riprendere il lavoro in modo più costruttivo e meno dispersivo.
Quello che si è certamente evidenziato, è stato il loro agio nel lavorare e mettere la propria inventiva in funzione di un prodotto, di un autentico manufatto che poi sarebbe rimasto nella storia della loro classe!
Allora quale poteva essere lo stato d’animo provato se non la “gioia!” che riassumeva la soddisfazione per quanto realizzato?

Quello che voglio ricordare a tutti voi, cari amici, che mi leggete, è che, trascorsi anni ed anni dal termine della scuola, certamente non ricorderete, forse, neppure una lezione ascoltata e assolutamente, pur rovistando nella vostra memoria, vi sarà impossibile che vi appaia nitidamente la data in cui un determinato insegnamento vi è stato impartito.
Al contrario, rimarrà incancellabile un particolare stato d’animo, se colorato dall’euforia per un imprevisto inaspettato accadimento nella classe oppure vi inseguirà in modo implacabile un ricordo angoscioso causato da un determinato insegnante se emotivamente sgradevole: questo anche al solo vederlo, anche al solo incrociare i propri occhi con i suoi.
Questo si chiama, vissuto emozionale.
Anzi, il disagio provato, a ben precisare, non era solo di natura psicologica, ma anche fisico ( alcune volte, sicuramente, vi sarà capitato di avere disturbi intestinali? Forse al punto dal non poter andare a scuola, spesso non creduti dai genitori e questo, con il tempo, vi è stato spiegato che poteva essere di natura psicosomatica?).
Allora, se la scuola di un tempo, si era resa indigesta per tali fenomeni, adesso che sappiamo che tutta questa negatività può determinarsi, per effetto di un misconoscimento di tutto il processo emozionale che interagisce in classe con quello dell’apprendimento, perché non tenerne conto?
…. Completo la degustazione del mio vino.
Rifletto sulla lunga strada che la scuola italiana deve ancora compiere, senza neppure voler prendere a modello altri Paesi come la Danimarca, ma anche la Francia, che su queste tematiche hanno dimostrato che la sfera emotiva e quella cognitiva possono coesistere magnificamente all’interno della scuola!

Ernesto Albanello