ROMA – Oltre 11mila tonnellate ogni anno recuperate soltanto lungo le coste: circa un terzo dei rifiuti in plastica rinvenuti sulle spiagge europee è rappresentato da attrezzi provenienti da attività di pesca e acquacoltura, persi o abbandonati. In Italia, negli ultimi sei anni Legambiente ha monitorato nel corso dell’indagine Beach litter oltre 10mila retine per la coltivazione dei mitili, una media di 31 pezzi ogni 100 metri di arenile, con punte in alcune spiagge di oltre il 70% dei rifiuti complessivi. I dati sono stati forniti stamani da Legambiente nel corso di un convegno sul marine litter a Ecomondo, la fiera della green economy a Rimini. “Auspichiamo una rapida approvazione anche in Senato del disegno di legge “SalvaMare” – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, riferendosi al disegno di legge, approvato in prima lettura alla Camera, che permette ai pescatori di portare a terra la plastica ripescata in mare -. Si tratta sicuramente di un primo tassello importante, ma che da solo non basta per contrastare l’inquinamento dai rifiuti che colpisce pesantemente il mare, una sfida mondiale a cui l’Italia sta dando il proprio contributo anticipando spesso gli altri paesi europei. Ad oggi, ad esempio, non c’è ancora nessun controllo o regolamentazione della gestione a fine vita delle calze da mitilicoltura e mancano molto spesso i siti di stoccaggio nei porti oltre a procedure ben definite di riciclo”. L’efficacia del fishing for litter è dimostrata da alcuni progetti sperimentali, come quello condotto da Legambiente Emilia-Romagna a Porto Garibaldi (Fe). Qui i pescatori – nell’arco di sei mesi – hanno portato a terra oltre tre tonnellate di rifiuti, per un totale di 26.112 rifiuti censiti: l’80% dei rifiuti raccolti è rappresentato da calze in plastica per l’allevamento delle cozze, per un totale di oltre 20mila retine – ANSA –