Gentile Direttrice,
forse non ci sarà “il medioevo prossimo venturo”, titolo del testo di culto degli anni ’70 di Roberto Vacca che prevedeva un blocco tecnologico globale, ma per l’umanità ci sono rischi molto più gravi della pandemia in corso,  come lo scoppio di una guerra nucleare per caso, secondo l’illustre ingegnere, matematico, divulgatore scientifico e futurologo.

“L’epidemia non era prevedibile, ma lo sono i suoi effetti su produzione, trasporti, comunicazioni, energia. Si tratta di crisi sistemiche simultanee, dovute all’abbondanza di fattori che governano la nostra vita sociale. Contro le epidemie del 1919 e del 1957 facemmo ben poco, e sopravvivemmo. Grazie ai progressi di scienza e tecnologia del mezzo secolo trascorso le nostre società hanno strumenti efficaci e i grandi sistemi tecnologici sono meno soggetti a guasti, rotture, blackout”. (Da un’intervista a “WIRED” del 24 marzo scorso).

In un’intervista a “Il Fatto Quotidiano” del 31 maggio 2017 – di cui si riporta uno stralcio – esprime, invece, le sue preoccupazioni per un possibile incidente nucleare: “Il suo grande merito, infatti, è nell’imparare, e nell’aiutare gli altri ad apprendere”.

“Mi ascolti: alla gente non importa nulla del sapere. Ed è la causa prima per cui il nostro Pil arranca. Matteo Renzi – o chi per lui, Paolo Gentiloni – invece di far propaganda sugli irrilevanti decimali, dovrebbe interrogarsi sul deserto dei saperi che genera l’impoverimento. Il Prodotto interno lordo sappiamo misurarlo solo in modo approssimativo: i valori pubblicati dall’Istat sono affetti da errori di parecchi percento. Certo il Pil cresce se le aziende investono di più in ricerca e sviluppo. Cultura e scienza generano prosperità economica: i cinesi mirano a portare cento delle loro università al più alto livello mondiale”. “Non vuole saperne di sapere, la gente”? “Diciamocelo: di cosa si parla nell’informazione, oggi? Di cucina, di gite, di tempo libero, di reality show. Apriamo il giornale e, con buona pace di Al Gore, si dà per sicuro che sia antropico il riscaldamento climatico. Si ignorano il ciclo di 100.000 anni scoperto da Milankovitch e quello di 1000 anni studiato da Svensmark. Si annuncia che i ghiacciai si sciolgono e andiamo tutti sott’acqua. Non c’è rischio a breve scadenza: certo è vitale continuare a osservare e misurare – soprattutto a studiare per capire questi processi molto complicati e per divisare misure protettive”. “L’allarme del riscaldamento è un refrain ormai eterno”. “L’opinione pubblica teme ciò che è meno rischioso e non si spaventa di ciò che è veramente pericoloso. Ho scritto al Papa”…. “Al Papa, Francesco Bergoglio”? “Gli ho scritto questo: bello e giusto invocare la Pace, ammazzare un uomo non è giusto”… “Giusto, non è giusto”. “E lui lo dice, non è giusto uccidere un essere umano. Giusto. E ammazzarne diecimila neppure”. “Neppure, giusto. Non è giusto”. “E lui lo dice: togliere di mezzo diecimila persone non si fa. Perfetto, siamo d’accordo. Ma un miliardo di essere umani, invece, sì, è forse giusto? Gli ho scritto questo: non dice niente del rischio di uccidere un miliardo di esseri umani”? “Che cosa non ha detto il Pontefice”? “Non lo dice lui, e non lo dicono i leader del mondo, non ne parlano i grandi filosofi, la stessa gente non si preoccupa di un rischio molto più tremendo dello scioglimento dei ghiacciai: le bombe nucleari. In tutto il mondo ce ne sono 22.000. Alcune di queste si sono perse. Davanti alla costa americana, per esempio, da vent’anni, al largo di Atlanta ce n’è una a 1.500 metri di profondità. Se la sono persa con l’aereo che è caduto proprio lì. Sarebbe rischioso anche recuperarla. Una guerra nucleare potrebbe scoppiare anche per sbaglio. Gli arsenali atomici contengono un potenziale distruttivo equivalente a 700 kg di alto esplosivo per ognuno di noi quando sappiamo che per fare secco un uomo bastano solo pochi watt, un decimo d’ampere e si tirano le cuoia. Nessuno si spaventa di un rischio così pressante, ma”…

 Ipse dixit.
 Domenico Crocetti