La notte dell’Epifania è ritenuta magica. E ci porta una buona notizia.  Dal racconto evangelico la cultura cristiana occidentale sembra aver distillato soprattutto la dimensione dei doni offerti da illustri personaggi a un bambino di un’umile coppia, nato a Betlemme in condizioni precarie.  L’oro, l’incenso e la mirra . Progressivamente si è poi imposto solo l’aspetto di regali offerti ai bambini, al punto che i magi – di cui il vangelo non dice né che erano tre né che erano re – vengono agevolmente soppiantati da una generosa vecchia signora il cui nome, Befana, è la storpiatura dell’Epifania (da epifàino che significa “mi rendo manifesto”), cioè della celebrazione della “apparizione” di Gesù al mondo .

Eppure la festività dell’Epifania custodisce ancora oggi una pagina preziosa di quel “grande codice” che la tradizione ebraico-cristiana ha trasmesso alla cultura occidentale e non solo: la ricerca di senso che abita ogni essere umano, sempre e ovunque.  Una lettura dei segni dei tempi per inseguire una speranza che abita tutta la storia umana. I magi raffigurano l’essere umano disposto a mettersi in cammino, cercare “la grotta” e a farlo insieme ad altri, per trovare senso alla propria vita. Lasciano il noto dei loro luoghi per seguire un segno nel cielo, un segno dei tempi che molti avrebbero potuto vedere, alla sola condizione di alzare lo sguardo, ma che solo pochi hanno avuto la capacità di discernere e l’audacia di assumere come guida.  I Magi  lasciano le certezze acquisite confessando la propria non autosufficienza nel cogliere la portata della vita, sfuggono all’autoreferenzialità non per un futuro incerto, ma per una strada il cui senso – la direzione, il significato, la percezione – si rivela cammin facendo. Persone pronte ad affrontare l’ignoto.  Disposte anche a chiedere  conferme alla loro intuizione.

La buona notizia è nel “bambino”. Quel piccolo che è destinato a regnare nei cuori portando pace sulla terra. La buona notizia del cristianesimo non si identifica con una cultura, ma è universale, perché ogni essere umano e ogni cultura può, nell’uomo Gesù  trovare la verità . Giunti alla grotta i magi riconoscono di essere debitori verso quel principe della pace che non ha armi per imporla, né scettro per imporsi. Gli offrono quanto avevano: ricchezze di cui disponevano già prima di mettersi in cammino e che non erano bastate per garantire pienezza alle loro vite, ricchezze da donare gratuitamente a colui che nulla pretendeva per colmare la loro sete di senso. Trovato il piccolo deposto in una mangiatoia, accanto alla madre, leggono in una scena umanissima di nascita l’indicazione che cercavano: la luce non si impone, la pace non ha armi, l’amore non ha confini. Allora possono tornare verso casa, con le mani vuote e il cuore colmo, ritrovando il cammino senza più bisogno della stella. Non perché conoscessero già il percorso – tornano infatti “per un’altra strada” – ma perché ormai hanno un criterio per discernere dove andare, cosa fare  e come comportarsi.

Oggi tocca a noi andare davanti alla grotta per cercare il senso della nostra vita, che non può essere in un telefonino in più. Ora tocca a noi dare un senso al nostro quotidiano cercandolo nella mangiatoia, come nei  tornanti verso la croce.  È una strada da percorrere da soli, è una strada difficile. Non è un caso se Papa Francesco il primo giorno dell’anno ha esortato il mondo a far rinascere Gesù “nella mangiatoia del cuore”. Gesù nasce nella mangiatoia e per trovarlo bisogna arrivare proprio alla mangiatoia: se non si arriva lì, Gesù  per noi non nasce. Lo annuncia in modo esplicito il vangelo di Luca che dice la parola “mangiatoia” ogni volta che dice la nascita di Cristo: proprio a significare che condizione necessaria per trovare Cristo è avere il coraggio di ritornare alla propria mangiatoia. Potete comprare tutto quello che volete, potete fingere, mentire, inginocchiarvi per avere  ciò che non vi spetta per capacità, potete rubare, sembrare ciò che non siete. Potete provare a vivere una vita piena solo di falsità. Triste.  Ma l’Epifania ci dice in modo chiaro che  la condizione unica, necessaria, per trovare Cristo è avere il coraggio di ritornare alla mangiatoia. Davanti alla grotta. Soli. E da lì, ripartire.