TERAMO – Con la delibera in votazione ratifichiamo oggi l’accordo di programma definitivo tra Comune Università ed Asl, per il recupero dell’ex ospedale psichiatrico S. Antonio Abate di Teramo, ai fini della realizzazione della Cittadella di cui abbiamo già trattato più volte in questo Consiglio e la variante al PRG per la realizzazione dell’opera. Una ragione per cui forse qualcuno potrebbe pensare che, dopo quanto già detto, non sia il caso di aggiungere altro. Non è però così a mio avviso, perché il solo fatto che questa struttura, fondata nel 1323 e chiusa alla sua funzione originaria nel 1998 dopo quasi settecento anni di storia, riprogettata a nuove funzioni attraverso il Masterplan che vede in prima fila Università Asl e Comune, ciascuno per quanto di competenza, venga oggi ad una “seconda vita”, costituisce un esempio sul campo di come le città si trasformino, si rigenerino, si modifichino, si diano nuove identità, offrendoci importanti spunti di riflessione su temi destinati ad incidere sugli assetti urbani e, in definitiva, sulla vita delle città e dei cittadini.
Del resto l’importanza dell’operazione di cui siamo testimoni, oltre che attori, trae conferma dal nome dello strumento utilizzato per realizzare quest’opera, che ben evidenzia l’importanza che essa riveste ai fini del futuro dei nostri territori: Masterplan Abruzzo – patto per il sud, strumento creato appunto per delineare strategie e interventi operativi per lo sviluppo e potenziamento della Regione Abruzzo, nel caso specifico, attraverso uno degli interventi finanziati per la crescita della nostra Città.
Non entrerò più di tanto nel merito di ciò che votiamo oggi, proprio perché ne abbiamo già discusso ampiamente nelle apposite commissioni consiliari e in consiglio ed il progetto è oramai noto. Ma il consiglio comunale è prima di tutto il luogo delle idee, la sede del confronto tra i cittadini, il luogo di prossimità più immediato tra essi e le istituzioni, il luogo in cui una comunità deve tracciare e decidere il proprio percorso, indicando e costruendo opportunità, coordinandole con le sollecitazioni e gli stimoli che vengono dai cittadini. Approfitterò di questa delibera per compiere delle riflessioni sul futuro di Teramo e sul compito che ci attende, proprio partendo dal contributo di idee pervenute attraverso le osservazioni e le richieste giunte dai cittadini.
Lasciatemi dire innanzitutto come vedere nel corpo della delibera richieste che provengono dai cittadini in merito al progetto, costituisca un esempio di buona politica, perché esprime la volontà di essere partecipi delle sorti della Città, di esserne parte attiva diretta da parte dei suoi cittadini e costituisce, in ultima analisi, un esempio di democrazia di cui andare orgogliosi.
Partendo da una delle richieste fatte pervenire dai cittadini, esattamente da quella avanzata dall’Arch. Raiola in qualità di Presidente dell’Associazione Teramo Città Solidale, con cui si chiede l’adozione di ulteriori provvedimenti tecnico amministrativi “perché il complesso si rapporti fisicamente e funzionalmente alle aree ed edifici di interesse strategico all’interno del Centro storico e della città”, arricchendone l’offerta progettuale finalizzata a realizzazione di “Teramo città universitaria” e mi sono posto una prima domanda: cos’è Teramo? Quali sono i caratteri che la connotano? Come appare agli occhi della gente, magari di coloro che la vedono dall’esterno, o anche di chi la vive come cittadino?
Mi è venuto così alla mente qualche passo di un romanzo ambientato a Teramo, La compromissione, scritto da quello che definirei un illustre cittadino onorario, Mario Pomilio: Teramo era stata, per una somma di circostanze, il luogo naturale della mia formazione: perché vi avevo frequentato il liceo, perché dopo l’università vi avevo cominciato subito ad insegnare, perché era lì che avevo tutti i miei amici, perché, qualunque cosa avvenisse altrove, qualunque cosa io facessi o pensassi, non sapevo non riferirla alle misure di teramo….. Per questo Teramo era anche il mio continuo contrappunto polemico, l’oggetto delle mie segrete insofferenze. Si poteva, dico, anche amarla quella società vagamente annoiata, vagamente scettica, timorata nelle forme ma indulgente nella sostanza, più incline a lasciarsi guidare da regole che da principi, consapevole dei propri limiti ma restia a superarli”.
Mi sono così messo a riflettere su quali possano essere altre aree strategiche del centro storico e della città con cui rapportare funzionalmente la Cittadella della Cultura anche al fine di sviluppare la vocazione della città in senso universitario e la mia mente è tornata ad un’idea che coltivo da tempo; è andata alla Galleria Apollo, la vecchia sede del cineteatro Apollo ed ad un suo utilizzo sia per fini didattici che per fini culturali al servizio della Città, collegata magari anche fisicamente al nostro spazio espositivo dell’Arca, costituendo una sorta di distretto della cultura che ha come apici, oltre a queste due strutture, la vicinissima Biblioteca Delfico. Non so quanti di voi sappiano che quella struttura contiene al suo interno una sala auditorium e locali annessi per utilizzi culturali, che chi progettò questo intervento di ristrutturazione, con lungimiranza, aveva scelto di lasciare a destinazione culturale all’epoca della ristrutturazione, che risale alla fine degli anni 90/inizi 2000. Una destinazione rimasta ad oggi, purtroppo, irrealizzata. Fatto sta che proprio sulla base di quella idea che ho in testa da tempo, circa un mese fa, dopo avere acquisito presso i nostri uffici il progetto edilizio relativo alla ristrutturazione del vecchio Cinema-Teatro Apollo, ho preso contatto con il progettista e sono entrato a vedere quella struttura, guardandola con gli occhi di chi a volte si sorprende a sognare ad occhi aperti.
È iniziata così una interlocuzione con l’Ing. Gianpiero Castellucci, progettista di quell’intervento di ristrutturazione e mi sono stupito, signor Sindaco. Mi sono stupito, perché leggendo il progetto esplicativo delle tavole progettuali che avevo acquisito, mi sono reso conto del fatto che già da allora nel pensare al recupero ed alla nuova vita da dare a quella struttura –che per inciso ospitò nel corso della sua attività, tra gli ospiti illustri della nostra Città e solo per citarne due, Cesare Battisti e Pierpaolo Pasolini, si pensava ad una destinazione di Laboratorio di Teatro Musica e Danza – Cinema d’Arte, in stretta connessione con l’Università. Si pensava già allora cioè, e cito le parole del progettista “ad un’offerta di servizi extradidattici in favore degli studenti”, sulla scorta di esperienze strategiche già maturate in altri atenei, dal rafforzamento dell’offerta culturale diretta ai giovani, da allargare ovviamente all’utilizzo, consentendone la fruizione, anche delle varie realtà culturali esistenti sul nostro territorio. Non andrò oltre questa breve illustrazione del progetto, che sarà oggetto a breve di apposita proposta politica.
Ma soprattutto mi sono stupito perché dall’incontro con l’ing. Castellucci, che già conoscevo e con cui mi sono confrontato in diverse occasioni, ho avuto modo di comprendere come forse non sia del tutto vera l’immagine della Città che viene fuori dalle pagine Mario Pomilio, che Teramo non sia solo quella città vagamente annoiata, scettica, consapevole dei propri limiti ma restia a superarli, o quantomeno che possa essere anche qualcosa di diverso. E ho avuto modo di farlo rileggendo alcuni lavori elaborati dal gruppo di studio dell’Ance e dall’Ing. Castellucci agli inizi degli anni ’90 e che trattavano delle stesse identiche questioni, degli stessi identici temi che noi oggi affrontiamo quando ci interroghiamo sulle “vocazioni da dare a Teramo”, anche attraverso progetti quali quello della Cittadella della Cultura. Si tratta di lavori e studi di cui francamente ricordavo ben poco, come del resto immagino gran parte di noi in questo consiglio comunale, a partire da Lei, signor Sindaco, che a quell’epoca era poco più di un ragazzo. Saggi e progetti quali “Spazi Urbani per la gente” contenente studi per la Ricomposizione urbana della città di Teramo.
Elabrazioni che affrontavano gli stessi problemi che abbiamo di fronte oggi, a partire da idee progettuali per il riutilizzo dell’ex ospedale psichiatrico di S. Antonio Abate, o proponevano l’utilizzo di forme di compartecipazione pubblica-privata per la realizzazione di opere pubbliche, gettando i prodromi di quello che è poi divenuto lo strumento di finanza pubblica oggi maggiormente utilizzato il project-financing e che delineavano, nel loro complesso, per citare le parole dell’allora presidente dell’ACE Teramo, On.le Serafino Pulcini, “la definizione di un progetto di città e cioè di una serie di interventi su Teramo coordinati ed inquadrati da una interpretazione unitaria”.
Oggi, con questo progetto iniziamo ad affrontare esattamente quelle problematiche già analizzate ed affrontate illo tempore con quegli studi: la ricomposizione urbana della città, capace di ricomporre ad unità la città storica con la nuova Teramo emersa dagli anni dello sviluppo, uno sviluppo contraddistinto troppo spesso da “una vera e propria esplosione insediativa avvenuta senza regole ne senza criteri efficaci rispetto alle complessità dei problemi effettivi”; il recupero del valore di “centro città, con la creazione di strutture che recuperino le caratteristiche proprie del centro di una città e la reintroduzione ed il recupero delle funzioni che gli sono proprie, l’accorciamento delle distanze e l’efficientamento delle distanze tra centro e insediamenti frazionali, risultati questi, ancora più necessari, ove si consideri che “l’espansione che ha vissuto Teramo verso aree una volta rurali non rappresenta affatto un superamento dell’antica divisione fra città e campagna” (G. Castellucci).
Grande dunque è la responsabilità che abbiamo di fronte, perché da essa dipende molto, moltissimo del futuro della nostra Città. Una responsabilità che consiste in un compito preciso, quasi un obbligo morale: riuscire a fare ciò che fino ad oggi non si è riuscito a fare e che era stato espresso nell’auspicio formulato dall’ACE e sopra ricordato: la definizione di un progetto di città attraverso una serie di interventi su Teramo coordinati ed inquadrati da una interpretazione unitaria. Se questo è il compito che abbiamo davanti, se questa è la situazione, cioè una situazione ad oggi ancora non risolta, dobbiamo capire cosa questa Amministrazione possa mettere in campo perché il risultato possa essere diverso rispetto al passato. E la risposta non può che essere che una. Non interventi parcellari e parziali sulle tante problematiche che abbiamo e che pure sono necessari: penso ad esempio alla necessità di censire gli edifici pubblici dismessi per dare loro nuove funzioni, favorendo ad esempio insediamenti di manifattura urbana, nella consapevolezza che le città non possono vivere solo di lavoro dipendente e che occorra una manifattura capace di produrre redditi, attraverso un mix di attività produttive primarie e secondarie, o interventi in materia di innovazione dei servizi (smart city), di efficientamento energetico ed ambientale delle strutture pubbliche.
Questa amministrazione deve farsi carico di metter in campoe un’azione che costituisca un salto di qualità rispetto al passato, ossia avere una visione unitaria circa lo sviluppo futuro della Città, dotandosi degli strumenti tecnici necessari per raggiungere una programmazione strategica di medio e lungo periodo. È assolutamente necessario, allora, signor sindaco, che questa amministrazione si doti di un nuovo Piano Regolatore Generale, di un Piano Strutturale Comunale che delinei l’identità culturale e le scelte strategiche di sviluppo capaci di tutelare l’integrità fisica ed ambientale del territorio, nel rispetto del principio di consumo del suolo 0, di un Piano Operativo Comunale, che individui e disciplini gli interventi di tutela e valorizzazione, di organizzazione e trasformazione del territorio da realizzare in un arco temporale di medio tempo. È fondamentale, insomma, che questa città inizi a pensare al suo futuro in maniera sistematica, organica e non parcellare, magari osservando e dibattendo esperienze di città pilota che sono più avanti in questo percorso e da prendere a riferimento, confrontandosi con professionisti del campo quali urbanisti, smart manager e via dicendo.
Certo non è possibile in questa sede esaminare nel dettaglio quali misure debbano essere poste in essere e non può che darsene un accenno, un’inquadratura generale. Mi avvio pertanto alla conclusione, facendo però un necessario richiamo ad una questione fondamentale ed ineludibile da affrontare per una città che, come la nostra, voglia pensare ad una realistica prospettiva di sviluppo.
Mi riferisco, signor Sindaco, agli effetti che la nostra Teramo continua a subire per via del patito sisma del 2016. Qualsiasi ipotesi di crescita e di rigenerazione urbanistica è destinata a rimanere sulla carta se non assicuriamo il rientro nelle loro case degli ancora troppi nostri concittadini che ad oggi ne sono ancora fuori e che magari hanno dovuto trovare sistemazione fuori della città. È perciò necessario che questa Amministrazione, sulla scorta della profonda innovazione apportata dalle ordinanze 100 e seguenti emanate dal commissario alla ricostruzione anche sulla scorta delle tante sollecitazioni pervenute prima della loro stesura da parte delle organizzazioni professionali di settore, prenda in mano quest’ultima e la conduca per mano, speditamente, affinché possa iniziare una vera e propria ricostruzione del nostro territorio urbano e sociale. E per fare questo, signor Sindaco, occorre avere coraggio, fare scelte di buon senso, come ad esempio la gestione diretta da parte del nostro comune delle pratiche di ricostruzione che le suddette ordinanza consentono ai comuni di gestire direttamente, attraverso il personale tecnico che è stato messo a disposizione dalle strutture emergenziali, in favore del nostro, come di altri comuni terremotati. Una gestione diretta che prima che dettata dalla logica, è a mio avviso un imperativo morale, come lo è del resto il dovere che abbiamo e che ognuno di noi deve avere affinché tutti i Teramani possano tornare a vivere all’interno delle loro case. E su questo, sindaco, anche in vista della prossima istituzione della Commissione speciale sisma, la invito ad aprire un franco dibattito politico dinanzi a questo consesso comunale, che è e dovrà diventare il luogo delle scelte, il motore propulsore per la risoluzione delle sofferenze di chi ha dovuto lasciare le proprie abitazioni, a tutela e difesa della dignità dei nostri concittadini che si trovano a vivere questi tristi e pesanti momenti che oramai durano da troppo tempo.
Consigliere comunale Luca Pilotti