TERAMO – Secondo la MOBILITAZIONE PER L’ACQUA DEL GRAN SASSO sono incredibili le incongruenze nella proposta di Piano di Emergenza Esterno dei Laboratori per il rischio di incidente rilevante per le 2.300 tonnellate di sostanze pericolose stoccate: il CTR sostiene (ancora) che le sale dei laboratori sono impermeabili, la Prefettura no.  In caso di incidente grave si ammette l’inquinamento almeno fino alle sorgenti della Vitella d’Oro a Farindola e al Saline ma gli enti della provincia di Pescara non sono stati coinvolti. I cittadini abruzzesi sarebbero privati di un’informazione pro-attiva sui rischi come vorrebbe la legge. Intanto l’ARTA alla Procura segnala le volte dei Laboratori con possibili criticità e da verificare sismicamente. Le gallerie non sarevveri a norma secondo il D.lgs.264/2006 che imponeva l’adeguamento da parte del gestore entro il 30/04. Come si coordina l’emendamento per il Commissario con questa legge? Ed, infine, il paradosso segnalato dalla Mobilitazione: l’INFN si lamenta con la regione per la perdita di attrattiva dei laboratori quando non avevano neanche pianificato la dismissione degli esperimenti.

 

 

 

Per le associazioni ambientaliste, in questa fiera delle omissioni e delle inadempienze, è irresponsabile mettere in discussione proprio le norme a tutela di ambiente, acqua e salute dei cittadini. Ecco la nota completa della Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso:

“I problemi del Gran Sasso vanno risolti una volta per tutte facendoli emergere e prendendo atto dei limiti oggettivi del sito a partire dal rischio sismico e dalla presenza di faglie attive e dalla presenza di un patrimonio di acqua; invece ci sono settori degli apparati degli enti che continuano ad operare per mettere la polvere sotto al tappeto. Figurarsi cercare di derogare alle norme poste a tutela della salute dei cittadini. Ora basta” così la Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso che oggi in conferenza stampa ha presentato le osservazioni sulla proposta di Piano di Emergenza Esterno dei Laboratori Nazionali di Fisica Nucleare per la gestione degli incidenti rilevanti (le alleghiamo per una lettura completa) e commentato altri due documenti, una importante nota dell’ARTA alla Procura della Repubblica di Teramo e una lettera dell’INFN alla Regione Abruzzo.

Partiamo dal documento dell’ARTA. Nella relazione i tecnici, oltre ad evidenziare la presenza di una faglia posta a solo 1 km dai laboratori e che può produrre terremoti fino a Magnitudo 7 e dislocazione di metri, con formazione di “gradini” fino a 6-7 km di distanza, come divulgato alcune settimane fa dall’ANSA, mette in luce potenziali problemi per le volte dei laboratori che sarebbero state costruite senza le centine aggiunte nelle volte dei tunnel autostradali. Scrive l’ARTA che “sulle camere dei laboratori di fisica nucleare, su richiesta dello stesso INFN, non furono realizzate opere strutturali di sostegno, simili a quelle realizzate nelle gallerie autostradali, in quanto queste avrebbero creato problematiche agli esperimenti previsti nei laboratori. Furono realizzati solamente delle chiodature d’acciaio ed un rivestimento interno formato da una rete elettrosaldata su cui è stato proiettato con delle pompe, del cemento a spruzzo.Questa situazione merita ad avviso degli scriventi un doveroso approfondimento in merito alla valutazione del rischio ambientale in quanto le camere dei laboratori, oltre ad essere priva della suddetta struttura di rinforzo, hanno una luce di scavo molto superiore a quelle delle gallerie autostradali (24 metri luce utile interna sala C). Inoltre, a differenza delle gallerie, nei laboratori vi è la costante presenza di materiali pericolosi“. Dopo aver illustrato lo stato delle conoscenze su queste volte, aggiungono che secondo loro, vista anche la presenza di quella faglia, queste “debbano essere oggetto di verifica sismica“.

Ci chiediamo: è stata fatta questa verifica sismica, visto che nel documento della Prefettura non è fatto cenno di questa criticità e che in altre regioni in impianti a rischio di incidente rilevante il CTR locale non solo ha svolto la verifica ma, dopo aver trovato problemi, ha imposto anche l’immediato adeguamento?

Veniamo quindi alla proposta di Piano di Emergenza Esterno da mettere in campo in caso di incidente rilevante con gli esperimenti Borexino e LVD e le loro sostanze pericolose (rispettivamente, 1.292 tonnellate di trimetilbenzene e 1.000 tonnellate di acqua ragia). Il documento è stato redatto dalla Prefettura di L’Aquila sulla base del documento fondamentale in un impianto sottoposto alla normativa Seveso sugli incidenti: il Rapporto di Sicurezza. Dopo 12 anni di inadempienze gravissime, quest’ultimo documento è stato approvato a novembre 2018 dal CTR regionale. Peccato che finora non sia stato reso pubblico perché, a leggere la proposta di Piano di Sicurezza che ne è discesa, paiono emergere questioni di gravità inaudita che presto confluiranno in un nostro ennesimo esposto (comunque le osservazioni al Piano sono state già inviate alle procure per conoscenza).

Infatti l’analisi del rischio di incidente si basa anche sul fatto che le sale dei laboratori sarebbero “impermeabili”. Sì, proprio così, praticamente tutto questo can can di MIT, Regione e via discorrendo sarebbe di fatto infondato. Peccato che la Prefettura di L’Aquila, cercando di mettere una pezza a colori, introduce nel documento i risultati delle perizie della Procura di Teramo che dicono esattamente il contrario!

Il risultato è tragicomico: nello stesso documento troviamo cose esattamente opposte su una delle questioni centrali per valutare l’effetto degli incidenti.

Se non ci credete inseriamo due estratti dalla proposta di Piano di Emergenza della Prefettura che evidenziano in maniera plastica lo stato di confusione, a voler essere buoni, in cui versano gli enti preposti alla sicurezza.

Ovviamente rimane poi la questione paradossale di dover fare un Piano di Emergenza per la presenza di sostanze che sono state stoccate irregolarmente vicino ai punti di captazione dell’acqua! Ovviamente anche in questa sede ne abbiamo chiesto l’immediato allontanamento come prevede la legge posta a tutela della salute (l’art.94 del Testo Unico) che oggi vorrebbero modificare in maniera sibillina aprendo ad ogni interpretazione possibile, “per risolvere i problemi”.

Giusto per far capire qual è l’impatto potenziale di un grave incidente nei laboratori secondo il documento, oltre a conseguenze gravissime sull’acqua delle province di Teramo e sulla città di L’Aquila, bisognerà tener conto in Provincia di Pescara del potenziale inquinamento delle sorgenti della Vitella d’Oro e del Mortaio d’Angri a Farindola nonché del Fiume Fino con coinvolgimento del Saline (cioè Montesilvano!) e problemi non solo con l’acqua potabile ma anche con l’irrigazione e la possibilità di abbeverare il bestiame nell’intero massiccio. Tutto nero su bianco nel documento della Prefettura che stima in 700.000 le persone interessate per la sola questione acqua potabile. Basterebbe questo per zittire chi sostiene che il problema sta nel cambiare la legge e non la realtà di campo allontanando quanto prima queste sostanze. Peraltro, come abbiamo scritto nelle osservazioni, per noi ci sono pure lacune visto che si ignora il possibile impatto sulle sorgenti nella valle del Tirino (e quindi sarebbero da valutare gli effetti sui pozzi San Rocco a Bussi che riforniscono la val Pescara, Chieti compresa) e sulle sorgenti del Pescara, la cui acqua proviene anche dal Gran Sasso. Nonostante questi dati, in parte, come detto, inclusi nel documento, si restringe inspiegabilmente il campo dell’analisi della popolazione da informare alle frazioni di Isola del Gran Sasso e di Assergi (sic!). Tutto ciò quando la legge prevede di informare tutti i cittadini potenzialmente interessati con una comunicazione pro-attiva (con assemblee, manifesti, volantini ecc). Non abbiamo visto nulla di tutto ciò, nonostante una specifica richiesta inviata un anno fa.

Nella proposta di piano vengono anche ignorati del tutto l’impatto sulla biodiversità del Parco e la presenza di diversi Siti di Interesse Comunitari e di una Zona di Protezione Speciale quando la normativa sugli incidenti rilevanti (direttiva Seveso) impone di valutare gli effetti degli incidenti sull’ambiente.

Ovviamente mentre si provvede all’allontanamento delle sostanze è bene, anzi, obbligatorio avere un Piano di Emergenza, che richiediamo da anni, ma deve essere attendibile ed efficace. Nel documento, ad esempio, ci sono pochissimi accenni alla questione delle gallerie autostradali, che, oltre ad essere utilizzate da migliaia di cittadini tutti i giorni, sono anche la via di fuga dei laboratori. Tra i pochi passaggi si citano i problemi dei by-pass tra i fornici, che non sono a norma.

Eppure la galleria autostradale del Gran Sasso è la terza in Italia per lunghezza ed è classificata, sulla base del D.lgs.264/2006, la norma che ha recepito una direttiva comunitaria varata a seguito del rogo del Monte Bianco, come “galleria speciale” proprio per la compresenza dei laboratori di fisica nucleare. Tutte le gallerie oltre i 500 metri e 2.000 veicoli al giorno che non rispondevano ai requisiti minimi previsti dal Decreto avrebbero dovuto essere messe in sicurezza sia per la tutela della salute dei fruitori sia per le potenziali conseguenze sull’ambiente entro il 30 aprile 2019. Tra l’altro per le gallerie speciali come il Gran Sasso il Decreto prevede anche misure aggiuntive rispetto ai requisiti minimi.

L’adeguamento non c’è stato entro la data fissata e sono quindi scattate misure alternative di regolazione del traffico. Sulla responsabilità dell’adeguamento e sulla spesa conviene riportare integralmente i commi 7 e 8 dell’Art.10 del Decreto è “7. I lavori di adeguamento delle gallerie sono realizzati secondo un programma operativo e dovranno essere completati entro il 30 aprile 2019. 8. Agli oneri derivanti dall’attuazione delle misure previste dal presente articolo i gestori provvedono senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica.” Sempre sulla parte finanziaria l’art.17 ci appare chiarissimo “1. Gli oneri derivanti dall’attuazione degli articoli 4, 8, 9, 10, 11, 12 e 14, sono posti a carico dei Gestori sulla base del costo effettivo del servizio e secondo tariffe da determinarsi con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’interno ed il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto. Per l’esame dei progetti di qualunque importo, in prima applicazione, si fa riferimento a quanto previsto dall’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21. 2. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Crediamo che questa legge sia centrale per spiegare cosa è avvenuto in questi anni e anche negli ultimi mesi. Ora, abbiamo avviato le procedure per gli accessi agli atti sulla documentazione depositata in questi 13 anni per comprendere meglio come sia stato possibile arrivare alla scadenza del 30 aprile 2019 senza gli adeguamenti necessari. Nel frattempo, facciamo notare che l’emendamento in corso di discussione in Parlamento come minimo dovrebbe coordinarsi, anche per la norma finanziaria, con le previsioni del D.lgs.264/2006 (in questo caso servirebbe sì una deroga), mai citato nella proposta governativa per il Commissariamento.

Infine un accenno ad una paradossale lettera che l’INFN ha inviato agli uffici della Regione Abruzzo che chiedeva lumi circa la tempistica dell’allontanamento delle sostanze. Da un lato l’istituto conferma che sta redigendo i piani per togliere le sostanze pericolose entro il 31/12/2020, termine impropriamente indicato dalla regione che 1)non aveva nelle sue disponibilità di poter derogare all’Art.94 del Testo Unico dell’Ambiente che dispone un immediato allontanamento; 2)non aveva la possibilità di restringere il campo alle quantità di sostanze previste dalla Seveso visto che l’Art.94 non pone soglie quantitative sotto le quali possono permanere materiali pericolosi vicino ai punti di captazione dell’acqua potabile.

Dall’altro il presidente Ferroni, si scaglia con una filippica veramente fuori luogo, visto lo stato dell’arte descritto qui e in altre sedi, contro la regione lamentandosi di non meglio precisati problemi di attrattiva dei laboratori e per i loro finanziamenti. Ora, basterebbe ricordare a Ferroni che se si realizza un esperimento come Borexino si dovrebbe sapere già in partenza come si farà alla fine per smontarlo. Già questo la dice lunga sulla capacità di pianificazione degli esperimenti, con l’INFN che avrebbe dovuto studiare da tempo tutti i limiti legali, strutturali e di sito prima ancora di fare le proposte. Verrebbe da dire “Chi è causa del suomal…

Ci sorprende come davanti al tenore di questa lettera l’On.le Marsilio, presidente degli abruzzesi, non abbia rispedito al mittente tali giaculatorie imponendo, almeno per le sue competenze, quello che finora è mancato: che ognuno faccia il proprio dovere.

Alleghiamo:

-osservazioni al Piano di Emergenza Esterno dei Laboratori con estratti salienti (lettera ARTA alla Procura ecc.); -lettera INFN alla Regione Abruzzo.

MOBILITAZIONE PER L’ACQUA DEL GRAN SASSO

Lettera_SOA_Piano_Emergenza_Esterno_Gran_Sasso_INFN_21_05_2019.pdf

OsservazioniSOA_Piano_Emergenza_Esterno_Gran_Sasso_INFN_04_05_2019.pdf