TERAMO – Ci sono nella storia del calcio teramano molti giocatori che hanno giocato una sola partita. Fra i tanti, ce n’è stato uno, un portiere, che venne schierato fra i pali per sostituire l’infortunato Pietro Miglio, che nella stagione 1940-41, nel campionato di Serie C, aveva preso il posto di Carlo Calò nel celebrato trio difensivo completato dai due terzini Cellerino e Del Re e ritenuto il più forte di ogni tempo.

Quell’unica partita, “lu predde” – questo era il suo nomignolo dovuto al fatto che era seminarista e, quando andava agli allenamenti, svestiva la sua tonaca per indossare pantaloncini, maglietta e scarponcini da calcio – la giocò alla decima giornata di campionato, domenica 29 dicembre 1940. Si giocava in casa contro il Forlimpopoli e l’allenatore Compiani si affidò a lui per la difesa della porta teramana. Il Teramo vince 3-1 e “lu predde” non fece una cattiva figura, anzi… confermò di saper fare dei voli spettacolari nei tuffi alla ricerca del pallone, pur essendo di statura assai bassa, di gran lunga il meno alto di tutti i portieri che il Teramo abbia avuto.

Subì un solo goal, quello segnato dall’ala destra Gaudenzi, con il quale gli ospiti romagnoli raggiunsero il momentaneo pareggio al 37’ del primo dopo, dopo che i teramani erano andati in vantaggio al 29’ con il centravanti Paolini. Sempre Paolini nella ripresa portò il Teramo sul 2-1 prima della terza rete messa a segno dalla mezzala Morselli. Giocare quella partita, la sola della sua carriera, fu per Paolo “lu predde” una soddisfazione enorme, un traguardo raggiunto con tutta la forza della sua volontà, di cui si vantava poi, quando, smesso di giocare, faceva il veterinario.

Nella partita successiva, Compiani preferì schierare tra i pali, insieme con i mitici terzini Cellerino e Del Re, un altro portiere, Sgardi, che giocò cinque partire prima del ritorno tra i pali di Pietro Miglio, incassando tre reti. La particolarità di Paolo “lu predde” era la sua tenacia, la sua forza di volontà. Lui era quello che, fra tutti, si allenava con più cura e con più dedizione e con maggiore attaccamento ai colori sociali.

Per noi che lo ricordiamo oggi, la sua particolarità era il suo cognome: Bonolis. Per la precisione negli annali risulta come Bonolis II, perché di Bonolis (Bonolis I) ce n’era stato un altro, di nome Romolo, che aveva giocato anche lui una sola partita, nell’Interamnia, tre anni prima, in Prima Divisione Abruzzese, domenica 18 aprile 1937, contro L’Aquila II, schierato come mediano dal giocatore allenatore Mantovani, in una partita casalinga finita 2-2. La domenica successiva, 25 aprile 1937, Romolo Bonolis era stato poi schierato, sempre con il numero quattro sulla schiena, nell’amichevole casalinga nella formazione di rincalzi che aveva affrontato una squadra mista pescarese, battuta 4-0.

Quanto all’altro Bonolis, Paolo “lu predde”, il suo ricordo è per noi legato a quello di suo figlio Gaetano, per tanti anni medico sociale del Teramo Calcio, di cui lo stadio di Piano d’Accio porta il nome. Gaetano, mio compagno di scuola al liceo, era fiero di suo padre e suo padre era fiero di suo figlio, che dedicava al calcio teramano la sua passione in un ruolo diverso da quello che era stato il suo. Nelle occasioni in cui li incontrai entrambi, “lu predde” e suo figlio, quest’ultimo juventino mentre io ero granata – ebbi modo di percepire la stessa sviscerata passione per quello che tutti e tre ritenevamo il gioco più bello del mondo e per la teramanità che ci univa. Tra l’altro, avevamo anche lontanissimi vincoli di parentela, tramite un cognome, Silveri, appartenente ad una famiglia con la quale le nostre erano collegate nei rispettivi alberi genealogici.